GUSTAVO MILLOZZI : IL BIANCO E NERO

40 Vintages 1958-1998

 

Universalmente conosciuto ed apprezzato per la sua attività di una vita, rivolta alla promozione e divulgazione della fotografia altrui, con questa retrospettiva da lungo tempo attesa, Gustavo Millozzi espone in prima persona, esibendo la fonte, personale e segreta, del suo "vivere fotografia".

Stampe originali che vanno dal lontano 1958 ad oggi, a testimonianza di una lunga e indefessa dedizione. Il suo è un mondo delicato, lieve, a testimonianza di una sensibilità che non ama i sovratoni e che ricerca l’equilibrio di un linguaggio "classico" nella cui compostezza formale, spesso si risolve, attenuando l’impatto emotivo dell’immagine. Secondo una linea espressiva tipicamente veneta, condivisa da altri esponenti di questa fotografia. Esiti di un ultimo neorealismo si possono cogliere, comuni del resto a tutta la fotografia italiana dell’epoca, nelle prime prove libere e personali rispetto a lavori successivi, in cui più spiccati si colgono evidenze dell’influenza artistica di Monti, che determinò con la sua personalità un indirizzo estetico e formale, sensibile su tutti i componenti la "Gondola", circolo in cui è avvenuta la formazione del Millozzi.

Esiti che, se da un lato hanno dato una levatura particolare a tutta la produzione del gruppo, del tutto sconosciuta alla dimensione della fotografia italiana del primo dopoguerra, dall’altro hanno segnato un’ipoteca stilistica e poetica in tutti avvertibile. Con ciò indubbiamente svolgendo un ruolo positivo di aggiornamento della situazione italiana, rapportata attraverso la sua cultura figurativa a più validi modelli d’oltralpe, primo fra tutti quello della scuola tedesca, i cui influssi, ad esempio, si manifesteranno chiaramente nello stile di stampa di B. Bruno. Tutta la "Gondola" ha inizialmente pagato un prezzo per ciò che ha avuto di più alto rispetto allo squallido panorama nazionale. Si deve ricordare, a proposito, per fare mente locale alla situazione storica, che l’unico apporto italiano alla storia della fotografia, è la fotografia alpinistica di Vittorio Sella (1907) e che negli anni ’70 nella quasi ignoranza della scuola americana, francese, inglese e tedesca (il primo libro di fotografia edito in Italia è "Giappone" di Biscof nel 1954 e ancor oggi in nessuna Università italiana la storia della fotografia è considerata un ramo della storia dell’arte), in mancanza di rapporti con le scuole leaders – non era allora tempo di grandi viaggi – si poteva contare solo sulla lezione visuale di Eisenstein e del cinema, il cui periodo glorioso dell’ultimo bianco e nero, prima dell’avvento del colore, ha lasciato splendidi esempi figurali, oltre ai quasi unici modelli italiani di Patellani e Maraini, il cui "Segreto Tibet" (1948) è stato un riferimento fondamentale prima della conoscenza di Cartier Bresson (Epoca, 1951). A ciò si può solo aggiungere il settimanale appuntamento con "Life" in edicola, a mostrare appunto "cose" (fotografie) d’un altro mondo, E’ utile ricordare la povertà di quegli anni, per meglio apprezzare lo sforzo compiuto da questo gruppo e dalla sua guida per arrivare ad un linguaggio attuale.

Il retaggio della visione inizialmente neoclassica di Monti ben si può leggere in Millozzi nelle partizioni geometriche equilibrate, concluse in statico equilibrio di prevalenti ortogonali, in cui il tono di stampa che restringe il "range" tonale verso il basso, tende ad allontanare dal naturalismo.

Conducendo ad un linguaggio ormai personalizzato, che può ben adattarsi alle molteplici esigenze della natura morta d’ambiente, del ritratto, come del bozzetto di vita vissuta, traduzione lirica italiana, della più severa "street photography". La stampa d’epoca, cosa rara per una retrospettiva di tante immagini, mostra che questo uso della fotografia, come mezzo privilegiato di indagine e restituzione del mondo – assai più quello interiore del fotografo, che quello indefinito in sé della cosiddetta realtà – ha accompagnato con equilibrata costanza il proseguo dell’attività del Millozzi, giungendo fino ai giorni nostri con altri ambiti di indagine (fondamentale il colore) per cui ci auguriamo prossime occasioni dopo questa "prima", dove più ampiamente venire a contatto con una natura che, nella ricerca di una propria interiore verità, è sempre stata coerentemente capace di cogliere, definire e comunicare la sua identità espressiva e poetica.

Renzo Saviolo *

( * docente di Storia della Fotografia presso l’I.S.F.A.V. – Istituto Superiore di Fotografia e di Arti Visive – Padova ).